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CARREL ALEXIS
Riflesioni sulla condotta della vita
CARREL ALEXIS, Riflesioni sulla condotta della vita
CARREL ALEXIS, Riflesioni sulla condotta della vita
Autore:
CARREL ALEXIS
Titolo:
Riflesioni sulla condotta della vita
Descrizione:
Editore:
Cantagalli
Data di edizione:
febbraio 2004
Pagine:
263
Dimensioni cm.:
14x21
ISBN13:
9788882721725
Codice:
165317
Collana:
Ragione scienza ed etica 3
Prezzo:
Disponibilità:
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Dati aggiornati a febbraio 2004
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Lingua
Italiano
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La collana Ragione scienza ed etica
Il volume è corredato da un'esauriente introduzione dello storico Franco Cardini che getta importanti luci sulla figura del Premio Nobel francese Alexis Carrel. "Un viso dai tratti regolari, dominato dalla scatola cranica, nel quale le labbra sottili e strette sembrano parallele agli occhiali antiquati. Una calotta di seta nera schiacciata quasi sugli occhi. Un camice immacolato che viene cambiato ogni mattina". Così appare, nella descrizione che ne fa Alain de Benoist in Visto da Destra, il medico e scienziato Alexis Carrel agli inizi del secolo, quando lavorava presso il prestigioso Rockefeller Institute. Nato nei pressi di Lione il 28 giugno del 1873, Carrel si laureò tra il 1889 e il 1890 in lettere, scienze e medicina, iniziando poi un'attività di studio e di ricerca nell'Università della sua città natale. Nel 1904 si trasferì negli Stati Uniti, prima all'ateneo di Chicago, poi nel già citato Istituto per la ricerca medica Rockefeller di Nuova York. Pioniere nella tecnica dei trapianti, nel 1910 eseguì il primo bypass aortocoronarico con innesto venoso e nel 1939 mise a punto, con la collaborazione del noto aviatore Charles Lindbergh, di cui era amico, una pompa per ossigenare il sangue che può essere considerata l'antesignana dell'attuale cuore artificiale. Nel 1912, frattanto, era stato insignito del Premio Nobel per la medicina e la fisiologia grazie ai suoi studi sulle suture vascolari e i trapianti di vasi e di organi. Nel 1939, raggiunta l'età della pensione, ritornò in patria, quella patria che lo condannerà ingiustamente alla damnatio memoriae per il solo fatto di aver accettato dall'allora legittimo Governo francese guidato dall'Eroe della Grande Guerra Philippe Pétain, di divenire, nel 1941, direttore della Fondazione francese per lo studio dei problemi umani. Prostrato e offeso dall'accusa di 'collaborazionismo', morirà per un attacco di cuore il 5 novembre del 1944. Ai suoi funerali non fu presente nessuna autorità. E' così che se ne vanno, potremmo chiosare, i benefattori dell'umanità _ Abbiamo tratto gran parte delle notizie biografiche su Alexis Carrel dalla recentissima edizione di uno dei suoi libri più celebri, Riflessioni sulla condotta della vita. Apparso postumo nel 1949 grazie alla caparbia volontà della moglie Anne, esce ora per i tipi delle Edizioni Cantagalli di Siena con un'introduzione del noto medievista Franco Cardini, alla quale si aggiungono presentazione e postfazione di Luigi G. Frigerio, medico e docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Milano Bicocca. Non crediamo sia casuale questo doppio intervento introduttivo ad opera di uno storico e di un medico, in quanto tutta l'attività intellettuale di Alexis Carrel si è svolta sul doppio binario di interessi che, per comodità, potremmo definire di natura sia specificamente scientifica, sia più largamente umana e spirituale. In effetti, la stessa formazione culturale del Nostro Autore non fu, come sopra ricordavamo, rigidamente settoriale, aprendosi, al contrario, all'ariosa vastità degli studia humanitatis. Insomma, Carrel fu medico e scienziato mai rinchiuso nella turris eburnea dello specialismo accademico, bensì generosamente impegnato nella risoluzione, non solo teorica, dei problemi della civiltà contemporanea. E fu questo, crediamo, che determinò lo straordinario successo di un altro suo libro famoso, L'uomo, questo sconosciuto, apparso nel 1935 e tradotto poi in più di venti lingue. In italiano, se la memoria non ci inganna, era edito da Bompiani ancora negli anni Sessanta. E, a proposito di traduzioni nella nostra lingua, non possiamo dimenticare il coraggio e l'intuito dell'editore Giovanni Volpe che nel 1974, in uno dei momenti più difficili del dopoguerra per il nostro mondo umano e politico, pubblicò con il titolo di Patologia della civiltà moderna il testo di una conferenza pronunciata da Carrel nel 1942 e originariamente intitolata La construction des hommes civilisès. E fu un'ottima scelta, questa traduzione apparentemente irrispettosa dell'originale. Perché tale termine, 'patologia', di evidente derivazione clinica, bene esprime l'atteggiamento dello scienziato Carrel nei confronti del nostro tempo e del nostro mondo. Tempo e mondo malati in quanto l'uomo, da almeno 200 anni - se non di più, se vogliamo cioè ricercare le origini di tale malattia nella rivolta faustiana del Rinascimento - ha costruito una civiltà che non rispetta più le leggi fondamentali della vita, avendo assegnato a se stessa come unico scopo il raggiungimento del benessere materiale: "L'uomo moderno assegnò il primato alla materia e sacrificò lo spirituale all'economico, preferendo il benessere alla forza e alla gioia". Veemente è la polemica di Carrel nei confronti del primato dell'economico, vera cifra di quella decadenza che caratterizza la civiltà occidentale contemporanea. Primato dell'economico che per lui è un qualcosa di profondamente innaturale, che si oppone, cioè, alle sempiterne leggi della vita. Quando, all'inizio dell'Età Moderna, il fine dell'esistenza non fu più Dio, ma si trasformò nel profitto, impulso principe dell'agire economico, "iniziò la scalata delle forze economiche al potere supremo". Profitto che per Carrel si declina anche come soddisfacimento di ogni appetito e istintualità senza freni, divertimento smodato e assenza di ogni costrizione. In una parola, individualismo esasperato o, per dirla con le sue parole, 'il regno del capriccio': nelle società contemporanee, infatti, ognuno vuole vivere secondo il proprio capriccio. In questo consiste quel primato dell'economico nel quale credono sia i liberali, che i marxisti: "Borghesi liberali ed operai comunisti condividono la stessa fede nel primato del fattore economico". L'homo oeconomicus è però frutto di quell'astrazione ideologica che fuorvia tutte le ideologie della modernità, le quali, proprio in quanto ideologie, non riescono a cogliere la complessità dell'uomo concreto: "L'essere umano non è costruito unicamente per produrre e consumare; fin dall'inizio della sua evoluzione, ha dato prova di amore per la bellezza, di senso religioso, di curiosità intellettuale, di immaginazione creatrice, di spirito di sacrificio. Ridurre l'uomo alla sua attività economica equivale dunque ad amputarlo di una parte di se stesso. Il liberalismo e il marxismo violano, quindi, entrambi, delle tendenze fondamentali della natura". E le leggi fondamentali della vita confermano questo assunto. Esse sono, per Carrel, tre: le leggi della conservazione della vita, della propagazione del genere umano e dell'ascesa dello spirito. Quest'ultima soprattutto, quella che più connota e nobilita l'uomo è, al contempo, la più negletta e inosservata. Nelle pagine dedicate alla legge dell'ascesa dello spirito, evidentemente intrise di echi bergsoniani, Carrel raggiunge gli esiti più alti e ispirati della sua riflessione. E sorprendentemente attuali. Come quando, parlando della saggezza, virtù nella quale si compendia la ricchezza dello spirito, così afferma: "la saggezza non consiste nel vivere per oziare, per divertirsi stupidamente, per guadagnare soldi, per avere una pensione; essa è vivere eroicamente. Agli occhi della gioventù democratica, l'eroismo è una follia. Eppure solo questa follia paga". Basta sostituire 'gioventù democratica' con 'pacifisti no global' e pensare all'atto eroico del nostro Fabrizio Quattrocchi assassinato dai banditi iracheni, per comprendere la lucidità e l'attualità delle riflessioni di Alexis Carrel, ancor vive dopo più di mezzo secolo. Ed è questa lucida coscienza dei mali della nostra civiltà che rende ancor oggi feconda la lettura delle sue opere. Francesco Demattè Recensione apparsa sul "Secolo d'Italia" il 15.06.2004

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