Nel 1950 Goffredo Parise, allora ventenne e del tutto sconosciuto, propone a un editore della sua città un temerario romanzo "lirico e cubista (cioè romantico)", irto di "fratture narrative, di tempo e luogo", sull'amicizia tra due ragazzi_ Come se non bastasse, rifiuta qualsiasi intervento: "solo così come è attualmente mi pare e lo sento quale parte di me stesso" scrive sfrontato all'editore_ L'editore capitola _ Il ragazzo morto e le comete esce nel 1951 in una tiratura di 1_000 copie_ L'insuccesso è totale_ Le cose, del resto, non potevano andare diversamente_ Scritto da un diciottenne "con il sentimento con cui, a quell'età, si scrivono poesie", e con l'esplosiva urgenza di chi "vede la vita a batticuore", Il ragazzo morto e le comete nulla ha da spartire con la letteratura allora dominante_ "Siamo di fronte" ha scritto anni dopo Montale "a una sostanza poetica che ribolle e rifiuta di assestarsi entro schemi definibili"_ E anche oggi, rileggendolo, è difficile sottrarsi all'impressione di aprire una scatola a sorpresa da cui prorompono figure sbalorditive, incantevoli e dolenti: Antoine, che con una parrucca bianca e una redingote di raso azzurro vola in pallone; Squerloz, il costruttore di barche che vive in cantina con un barbagianni, una civetta e un topo bianco; Edera, che tutti credono una qualsiasi ragazza bionda mentre in lei "c'è molto di più e che non si può dire perché è mistero"; Leopolda e Massimino, coi loro occhi di vetro, la pelle di stracci e un corteo di infinite, orribili malattie_ Sono gli esseri che popolano il mondo del ragazzo di quindici anni e del suo inseparabile amico Fiore, che non si rassegna alla sua morte e continua a cercarlo_ Un mondo di fiabesche macerie, giornate spopolate dai bombardamenti, riti al dio Moloch celebrati dentro il giardino delle novizie, cinema dai sedili di latta storti e scrostati, morti che hanno l'ambizione di vivere e vivi che si danno sepoltura da soli_ Un mondo inconcepibile e necessario, "al tempo dimenticato del tramonto e della fine dell'Occidente"_ O anche, per usare le parole di Parise, "una cineteca personale di volti, immagini e sensazioni" - che si installa nella nostra mente per non uscirne più_ | |
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