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GENTILE EMILIO
Il capo e la folla
GENTILE EMILIO, Il capo e la folla
Autore:
GENTILE EMILIO
Titolo:
Il capo e la folla
Descrizione:
La genesi della democrazia recitativa
Editore:
Laterza
Data di edizione:
settembre 2017
Pagine:
215
Dimensioni cm.:
14,5x21
ISBN13:
9788858129609
Codice:
298143
Collana:
Economica Laterza 0
Prezzo:
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Italiano
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GENTILE EMILIO, Il capo e la folla, Laterza in campedel.it
Descrizione
Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di partecipazione delle folle alla politica dall'antichità all'età contemporanea, per concludere con esempi di capi straordinari, che hanno governato con le folle per distruggere o per salvare la democrazia. Da Napoleone Bonaparte a Napoleone III, incontrando poi Franklin D. Roosevelt, Churchill, de Gaulle e Kennedy, il lettore avrà modo di riflettere sull'attuale tendenza a trasformare il ‘governo del popolo, dal popolo, per il popolo in una democrazia recitativa, dove la politica diventa l’arte di governo di un capo.



Nonostante l’entusiasmo suscitato nel Partito democratico dopo otto anni di egemonia del Partito repubblicano, l’elezione di Kennedy non era affatto scontata, come mostra il risultato elettorale. Fra i fattori della sua risicata vittoria molti commentatori inclusero il primo dibattito televisivo fra Kennedy e Nixon, che nei sondaggi risultavano molto vicini, con il repubblicano talvolta in vantaggio.
Era la prima volt a che la televisione trasmetteva un dibattito fra due candidati. Fra i 70 milioni di americani che lo videro, la preferenza, sia pure di stretta misura, andò al candidato democratico, giovane, bello, affascinante, sicuro di sé, mentre Nixon, che pure aveva solo quattro anni più di Kennedy, era privo di avvenenza e fascino personali, e apparve molto più anziano, affaticato, impacciato e sudato.

Al successo di Kennedy nel primo dibattito è stata attribuita un’importanza decisiva per la sua vittoria elettorale. Lo stesso presidente, appena eletto, confidò in privato: «È stata la televisione, più di qualsiasi altra cosa, a far cambiare l’opinione pubblica». Nonostante la risicata vittoria, l’avvento di Kennedy fu un evento epocale nella storia della democrazia americana. Era il più giovane presidente degli Stati Uniti mai eletto e uno dei più giovani fra i capi di Stato del mondo all’inizio degli anni sessanta. Ed era anche il primo presidente cattolico degli Stati Uniti. Al di là della gioventù e della bellezza, il nuovo presidente seppe conquistare subito il consenso della maggioranza degli americani, fin dal discorso inaugurale del 20 gennaio 1961, dopo il giuramento, considerato uno dei più brillanti mai pronunciati in simili occasioni.

Il discorso, seguito in televisione da milioni di americani, diede risalto alla sua figura di giovane capo di una “nuova America”, che chiamava gli americani a impegni e sacrifici per affrontare la sfida di un mondo profondamente diviso, sul quale incombeva la minaccia di una guerra atomica. Kennedy incitò gli americani «a sopportare il peso di una lunga e oscura lotta che può durare anni», «una lotta contro i comuni nemici dell’uomo: la tirannide, la miseria, la malattia e la stessa guerra»: «Pertanto, cittadini, non chiedetevi che cosa potrà fare per voi il vostro paese, ma che cosa potete fare voi per il vostro paese». Il consenso degli americani al loro nuovo presidente aumentò.

Nel marzo, la rivista «Newsweek» affermava che il «nuovo, giovane e ancora inesperto presidente» era «seguito adesso dalla maggior parte del popolo americano». I sondaggi parlavano di un consenso che oscillava fra il 70 e il 90 per cento. Per parte sua, il presidente seppe coltivare assai abilmente la propria popolarità, avvalendosi molto spesso della televisione, che trasmise in diretta, assieme alla radio, le sue conferenze stampa settimanali, riscuotendo un enorme successo fra la gente comune. La popolarità di Kennedy non fu intaccata neppure dalla disastrosa spedizione dei fuoriusciti cubani per far crollare il regime di Fidel Castro, organizzata dalla precedente amministrazione ma avallata dal nuovo presidente: un sondaggio dimostrò che l’83 per cento degli americani intervistati approvava l’operato del presidente. Ne fu stupito lo stesso Kennedy, che commentò: «Proprio come Eisenhower. Peggio faccio, più popolare divento».

Insediatosi alla Casa Bianca, il nuovo presidente operò in modo da imporre subito la sua personale autorità, attorniandosi di collaboratori fedeli e capaci, come il fratello Robert, che era stato il principale organizzatore del successo delle sue campagne elettorali. Nei mille giorni trascorsi alla Casa Bianca prima di essere assassinato, Kennedy fece molto per affermare il potere e il prestigio del presidente come capo della nazione, dimostrando di avere il coraggio e la determinazione necessarie per sostenere la guerra fredda con l’Unione Sovietica quando nell’ottobre 1962 costrinse Chrušv a ritirare i missili da Cuba, sfidando il rischio di una guerra nucleare.

Nonostante ciò, gran parte delle sue promesse di una “nuova America” più libera, più eguale e più equa, come pure il suo programma di riforme per l’affermazione dei diritti civili, la fine della discriminazione e della segregazione dei neri negli Stati del Sud, l’estensione della previdenza per le popolazioni povere e più svantaggiate, rimase confinata nella brillante oratoria dei discorsi presidenziali. La loro attuazione fu infatti ostacolata da un Congresso che comprendeva, all’interno della stessa maggioranza democratica, molti deputati, specialmente degli Stati del Sud, razzisti e conservatori, ostili a qualsiasi intervento dello Stato federale per ridurre le ingiustizie e le diseguaglianze, ponendo fine alla discriminazione dei neri.
Nei suoi mille giorni al potere, Kennedy dovette procedere con cautela, invece che con il coraggio che tanto ammirava, per manovrare fra gli scogli dei molti avversari della sua politica, presenti nel suo stesso partito. E non era affatto sicuro che avrebbe vinto le elezioni presidenziali del 1964. Il suo assassinio, avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963, stroncò la sua presidenza ma nello stesso tempo fece nascere il mito di Kennedy come l’iniziatore di una nuova epoca nella storia della democrazia
Scheda creata Sabato 9 settembre 2017
La collana Economica Laterza

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