Quando, nel 1949, il critico d’arte e poeta Inoue Yasushi pubblica il suo primo romanzo, Il fucile da caccia, ha già quarantadue anni.
Ma tutti, da subito, capiscono di trovarsi di fronte a uno scrittore importante.
E sebbene le numerose opere successive non abbiano fatto che confermare questa impressione, nessuna di esse ha mai eguagliato la folgorante perfezione della prima: qui, infatti, Inoue (che in seguito scriverà libri ben più corposi) trova nella brevità una misura ideale; e ne
ll’oscillazione fra il detto e il non detto raggiunge un miracoloso equilibrio narrativo.
Un equilibrio impervio come il gioco amoroso che tiene legati i destini dei quattro personaggi, un uomo e tre donne, e che, pur appeso a un filo sottilissimo, li accompagna nel corso degli anni senza mai ledere la calma ritualità delle loro esistenze.
E tuttavia il romanzo è attraversato da una tensione costante, da una rabbia sorda e trattenuta che non esplode neanche alla fine, quando ogni menzogna
è stata svelata, ogni passione consumata, e a regnare è la consapevolezza che ogni essere è abitato da una vita segreta, inavvicinabile.
L'autore
Inoue Yasushi (1907-1991) è stato uno dei maggiori scrittori giapponesi del Novecento. Fra i più noti tra i suoi numerosi libri La montagna Hira (1950), Vita di un falsario (1951), La corda spezzata (1956) e Ricordi di mia madre (1975).
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