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All’avvicinarsi del Vangelo si deve sentire aria di libertà, scriveva don Primo
Mazzolari.
Questa stessa atmosfera di libertà, questa aria esaltante molte volte abbiamo respirato all’eremo delle Stinche ascoltando padre Giovanni.
Era un sapore nuovo.
Sapore di vento: lo Spirito – diceva – è il vento che fa nascere i cercatori d’oro, che riempie tutte le forme (religiose, teologiche, culturali, della storia personale) e poi tutte abbandona. Riempie le forme e passa oltre. Un “oltre” che chiama, che ricorre n
elle sue riflessioni, che ritma le sue preghiere, che rivela un uomo amico del futuro, delle prospettive, delle piste che partono, delle albe.
Emblematica rimane per me una sua espressione: «Non pensate pensieri già pensati da altri». Parole affermate negli anni in cui la Scolastica medievale e tomistica era ancora la regina della teologia, in cui la verità di un’affermazione doveva essere garantita dall’autorità di parole già dette da altri, quando un concetto era legittimato dalla sua conformità alla tra
dizione. E di colpo si aprivano bocche di vento, sentivi come un soffio di primavera che sollevava quella polvere di secoli che si era accumulata sui nostri libri di testo e nelle nostre aule.
Ti sentivi libero da formalismi e da omologazioni,
libero dalle pesantezze dell’istituzione e della tradizione, cercatore senza scuole, ma non senza maestri, su sentieri nuovi e inondati di sole.
Padre Giovanni in questo modo è stato mio insegnante, nel senso etimologico della parola.
In-segnante è colui che
in-segna, cioè lascia il segno in te. Spero che nell’anima e nella mente qualche segno almeno dei molti che lui ha inciso sopravviva alle mie distrazioni e alle mie svogliatezze, o alla comune tentazione di omologarsi al pensiero dominante. Non osiamo immaginarci diversi. Non disegniamo scenari futuri. Non c’è cultura della prospettiva. L’invito di padre Vannucci è dare spazio alla forza del sogno e della creatività, concedere più respiro alla visione del domani, porre un inizio di discontinuità rispetto a
l presente. Liberi dalla tirannia della realtà. Perché la vita nostra è una sintesi instabile tra realtà e sogno.
Dalla prefazione di di Ermes Ronchi
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