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Uomini di mais non è un fiume che si può navigare dalla sorgente alla foce seguendo un unico percorso, un’unica rotta.
È piuttosto come la foresta tropicale che del romanzo è protagonista: un intrico, un intreccio di passioni, di racconti, di metamorfosi in cui farsi largo.
Volendo trovarvi un centro, un protagonista, possiamo pensare a Goyo Yic, che attraversa le montagne in cerca della moglie fuggita, o a Nicho
Aquino, misterioso uomo-coyote, oppure a Gaspar Ilóm, eroe mitico e poderoso guerriero, incarnazione della lotta del popolo guatemalteco che rivendica il proprio diritto a coltivare il mais senza scopi commerciali.
Perché dal mais non dipende solo la sopravvivenza fisica dei contadini discendenti dei Maya, ma anche quella della loro cultura, che trae diretta origine dal Popol
Vuh, il libro sacro. È proprio partendo dalle leggende, dalle tradizioni, dal sistema di credenze contenute in questo testo che
Asturias, facendo incontrare la poesia surrealista con le suggestioni delle civiltà precolombiane, d
à vita a un grande affresco di storie e personaggi che è al tempo stesso un lucido manifesto politico di denuncia.
«L’ammazza-alberi è cattivo, ma l’uomo del mais è peggiore.
L’ammazza-alberi ti ammazza un albero adulto, ma l’uomo del mais appicca il fuoco e in poche ore ti annienta il bosco intero. E che bosco! Alberi di legno pregiatissimo, piante medicinali tutte in mucchio. Come i franchi tiratori nella guerra civile, così l’uomo del mais tratta gli alberi. Non rimane che fumo, braci, ceneri. E fosse
per mangiare. Ma è per guadagnare!» L'autore
Miguel Ángel Asturias
(1899-1974), scrittore, poeta e drammaturgo guatemalteco, è uno dei più importanti scrittori ispanoamericani del Novecento. Premio Nobel per la Letteratura nel 1967. Autore vicino alla sensibilità e alle tradizioni culturali del popolo del suo Paese, ha saputo denunciare prima di altri il neocolonialismo americano in opere come la «Trilogia bananiera» (1950-1960) e nel ciclo di racconti Week-end in Guatemala (1956). Romanzi quali Il Signor Presidente (1946) e Uomini di mais (1949) lo hanno consacrato quale padre della letteratura sudamericana contemporanea. |