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Da più di un secolo la figura di Giuseppe Garibaldi è un marchio di fabbrica dell’italianità. Strade, piazze e monumenti a lui dedicati, ritratti ed effigi fanno da cornice alla nostra vita quotidiana.  
Sin dalla scuola elementare gli italiani, in modo più o meno sottile, vengono indottrinati al culto laico di un uomo che, secondo la vulgata ideologica risorgimentale, rappresenta l’incarnazione dell’eroe e del patriota, colui che lottò in modo disinteressato per la libertà e l’unità del nostro paese. <
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In prossimità dei 150 anni dall’unità d’Italia, il mito di Garibaldi è però più che mai appannato. Quest’opera ha voluto indagare sulla vera vita e sulla vera personalità dell’eroe dei due mondi. Ne è emerso un profilo molto lontano dall’iconografia risorgimentale. Temperamento lunatico e insopportabile, dal narcisismo quasi infantile, Garibaldi è un astuto opportunista, rivoluzionario di indole ma quasi sempre disposto a scendere a compromessi con i poteri forti della sua epoca.
  
 Repubb
licano e mazziniano in origine, non esiterà a schierarsi al fianco di quei Savoia che per tanti anni l’avrebbero voluto morto. Paladino della libertà di tutti i popoli, non ebbe scrupolo di fare commercio di schiavi.
  
 Dal punto di vista storico il suo ruolo è immensamente sopravvalutato, frutto più di un mito costruito a tavolino che non di un effettivo valore militare o di un inarrivabile fiuto politico.  
L’unico ideale in cui non conosce cedimenti è l’anticlericalismo: megalomane com’è il 
Generale non ammette altro culto che quello di se stesso.
    
   
 
  
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